aderisce alla FEDERAZIONE DELLA SINISTRA

06/01/12

Commento alle dichiarazioni del prof. Cerea sulla questione lavoro

Relativamente all’intervista rilasciata dal professor Cerea pubblicata sul quotidiano mercoledì, il Partito della Rifondazione comunista intende esprimere il proprio parere.

E’ sconcertante che il consigliere economico di Dellai arrivi ad affermare che la precarietà sia una risposta che i datori di lavoro danno in maniera naturale alle eccessive tutele normative ed economiche garantite dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Secondo Cerea i lavoratori protetti dal contratto collettivo non possono essere facilmente licenziati causando quindi danni al tessuto economico italiano che non può assumere nuova forza lavoro. E’ la solita ricetta del tentativo di dipingere lavoratori garantiti e non garantiti fingendo di non sapere che levare i diritti ai primi non ne porta altri ai secondi ma ne livella le condizioni di precarietà. Sarebbero forse garantiti i lavoratori che non sono difesi dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori? E quelli di Fincantieri? O le lavoratrici della Omsa? O quelli di Fiat e dell’indotto? La crisi non guarda in faccia nessuno, nemmeno chi è contrattualizzato e assunto a tempo indeterminato. E’ stata la fame del capitalismo ad ottenere un mercato del lavoro dove esistono più di quaranta tipi di precarietà che danneggiano in particolare i giovani. E’ stata la fame del capitalismo ad ottenere deroghe ai contratti collettivi nazionali, funzionali alle esigenze delle imprese peggiorando le condizioni dei lavoratori. O Cerea pensa che le deroghe ai contratti collettivi nazionali servano per far riposare i lavoratori?

Le dichiarazioni di Cerea sono funzionali al progetto di Dellai e Confindustria trentina di introdurre il contratto unico proposto da Ichino dove il lavoratore può essere licenziato in qualunque momento.

Per quanto riguarda la presunta mancanza di produttività dei lavoratori italiani, sono i dati a parlare chiaro. I lavoratori italiani lavorano generalmente più ore di tedeschi e francesi ma gli investimenti del capitalismo italiano nelle attività aziendali sono di gran lunga inferiori rispetto ai loro colleghi risultando quindi una resa di prodotti qualiquantitativamente peggiore. Per recuperare produttività le aziende italiane introducono modelli standardizzati di produzione che intensificano l’attività dei lavoratori e ne riducono i tempi di riposo necessari per recuperare le energie psicofisiche. Non esistono quindi, come invece sostiene Cerea, moltitudini di lavoratori geneticamente “casinari” che con il loro comportamento hanno causato la crisi attuale. Esistono lavoratori che lottano per i loro diritti e contro un modello economico fatto di sfruttamento e prevaricazione.

Nell’intervista Cerea suggerisce inoltre che il costo dei servizi pubblici debba ricadere ancora in maniera maggiore sul privato cittadino. La proposta di pagare la parte alberghiera per il ricovero ospedaliero è semplicemente vergognosa: non basta che il degente abbia problemi di salute ma deve pure pagarsi il vitto e l’alloggio! I servizi pubblici devono essere garantiti universalmente dal settore pubblico e non devono essere erogati a seconda delle condizioni economiche del cittadino. E’ la fiscalità generale che deve finanziare i servizi pubblici attraverso una tassazione che colpisca in maniera decisa i più ricchi.

Infine Cerea difende a spada tratta le comunità di valle accusando i comuni trentini di guardare ciascuno solo al proprio territorio senza pensare ad una razionalizzazione delle risorse pubbliche. Qualunque ipotesi di unione fra comuni e gestione dei servizi tramite i consorzi secondo Cerea è inutile a causa dell’egoismo dei sindaci. Eppure le unioni e i consorzi sorgono con le stesse finalità ufficiali delle comunità di valle, cioè razionalizzazione delle risorse pubbliche. Le comunità di valle sono state costituite per accentrare nelle mani dei rappresentanti dei comuni più grandi le decisioni politiche che potevano trovare il disaccordo delle realtà minori causando quindi un deficit di controllo politico agli enti territoriali più vicini al controllo della cittadinanza. I servizi che sono stati trasferiti alle comunità, provenendo dai vari comuni hanno assunto un valore appetibile anche da parte delle imprese private che ne chiedono l’esternalizzazione attraverso gli appalti. Ma chi ha potere decisionale di appaltare i servizi se non i comuni più grossi anche a discapito della qualità del servizio reso e del costo del servizio bypassando i comuni più piccoli? Riteniamo che la razionalizzazione delle risorse pubbliche sia funzionale al controllo pubblico dei servizi resi dagli enti pubblici. E’ quindi necessario rifiutare la logica dell’esternalizzazione dei servizi.


Partito della Rifondazione comunista del Trentino

Nessun commento:

Posta un commento