aderisce alla FEDERAZIONE DELLA SINISTRA

28/11/11

LAVORO - Lettera inviata al quotidiano locale l'Adige

Comunicato del Partito in seguito alla lettera pubblicata da l'Adige il giorno 26 novembre da parte del senatore Tonini. (Vediamo se lo pubblicano.)

La lettera del senatore Tonini apparsa sul quotidiano l’Adige il giorno 26 novembre sulla crisi economica italiana lascia sconcertati. Dopo averci “rassicurato” sull’esigibilità del pareggio di bilancio statale nel 2013 dimenticandosi di spiegare chi il debito pubblico (1.900 miliardi di euro) lo dovrà pagare, ci insegna pure che è il mercato del lavoro il settore da ammodernare: troppe infatti le tutele per chi ancora ha la fortuna di essere assunto a tempo indeterminato e troppo poche quelle per chi il lavoro lo ha perso o lo ha a sprazzi.

Per sostenere le sue tesi, il senatore utilizza l’idea del senatore Pietro Ichino, ovvero quella di garantire assunzioni a tempo indeterminato a tutti i lavoratori ma, in caso di esigenze aziendali, siano esse per investimento o conseguenti a crisi economiche – cioè in qualunque situazione!-, tutti a casa con gli ammortizzatori sociali anche partecipati dagli stessi datori di lavoro. Ma di quali assunzioni a tempo indeterminato parlano se in ogni occasione puoi essere mandato a casa? Ad Ichino e Tonini sfugge il particolare che il capitalismo e a maggior ragione la crisi economica in atto non permettono a nessun capitalista di trasformarsi in mecenate pronto a correre in aiuto dei propri subordinati; anzi se può o va all’estero per produrre a minori costi (stipendi, sicurezza, ambiente ecc…) o ricatta i propri lavoratori come Marchionne o li sostituisce con altri che hanno minori tutele o chiede il sostegno finanziario del settore pubblico. Nel modello capitalista i lavoratori sono considerati anch’essi un costo.

Tonini nell’intervento pare addossare la colpa della bassa produttività dell’industria italiana ai lavoratori quando dimentica la natura tradizionale del capitalismo italiano, che non investe un euro del proprio profitto nell’azienda a differenza di chi guadagna spazi di mercato perché spende in ricerca tecnologica. Non bisogna nemmeno dimenticare che i lavoratori italiani sono fra quelli che in Europa lavorano più ore nelle loro unità produttive.

Di chi quindi le colpe della crisi? Il modello capitalistico è di natura rapace; la concorrenza non permette comportamenti mutualistici e le indicazioni di Ichino e Tonini sono una presa in giro per i lavoratori e chi vuole lavorare. Dovrebbero difendere l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori mentre sono i primi a sostenerne la demolizione. Il Pd avrebbe il compito di chiedere al governo l’abrogazione dell’art. 8 della manovra di Ferragosto ma l’opposizione che ha fatto in Parlamento è significativa di qual è l’orientamento di questo partito: sostegno al governo Monti e sostituzione in tutto e per tutto del Pdl alle prossime elezioni con la benedizione della Bce, Fmi, Merkel e Sarkozy. La linea di politica economica portata avanti da Ichino e da Tonini è utile solo alle strategie tedesche della Bundesbank e del capitale germanico: demolizione del welfare dei paesi periferici per dare manodopera a basso costo alle industrie tedesche sparse sul territorio europeo. La politica di centralizzazione dei capitali della Germania utilizza la speculazione finanziaria per imporre i suoi diktat economici.

Le proposte di Ichino e Tonini vanno respinte totalmente: il Partito della Rifondazione comunista propone un modello di sviluppo economico e sociale improntato al benessere delle persone e non alla carneficina conseguente alla competizione capitalistica ammantata da una effimera rincorsa al progresso e colpevole di affamare le persone. Per non dare alibi al mercato e per evitare la distruzione della classe dobbiamo mettere sotto il controllo della stessa le banche, i servizi pubblici locali, la sanità, la scuola e produrre solo quello che serve con le industrie sotto il controllo dei lavoratori. A Tonini, che riprendeva impropriamente nella lettera una citazione di Marx, rispondiamo con un’altra citazione dello stesso: “Da ognuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni”.

Partito della Rifondazione comunista del Trentino

23/11/11

Tagli alla scuola pubblica in Trentino

Si continua con la politica dei tagli alla scuola pubblica trentina.

Si legge infatti, nella “programmazione finanziaria 2012 e pluriennale” che la PAT intende diminuire del 20% rispetto al 2011, l’assegnazione ordinaria per il buon funzionamento della stessa e del 40% quella per gli investimenti.

Ma non basta, per quanto riguarda il Fondo per la Qualità della scuola - quello che rappresenta il 15% del Fondo di Istituto, con cui le scuole possono finanziare progetti nell'ambito delle attività programmate nel progetto d'Istituto - “si invita a tenere conto di un’assegnazione pari al 75% di quella del 2011”. Un altro bel taglio del 25%, insomma!

E’impossibile fare in poche righe un’analisi approfondita di ciò che da anni si sta facendo ai danni della scuola pubblica, sia nella nostra provincia che nel resto d’Italia. Ciò che comunque è evidente è che gli effetti di tali politiche si colgono nell’aumento del carico di lavoro dei docenti per compensare la diminuzione delle compresenze, delle ore di Laboratorio agli istituti superiori, delle ore di alcune discipline nella scuola media e negli istituti superiori, delle ore di sostegno per gli alunni in difficoltà. Cosa che non può che andare a scapito della qualità dell’insegnamento e della possibilità di garantire la tanto sbandierata individualizzazione dell’insegnamento. Espressione, questa, che rappresenta quasi una presa in giro considerato che la maggior parte delle classi supera i 25 alunni e spesso raggiunge i 28-29 a causa della continua revisione dei coefficienti nel rapporto docenti/alunni.

Come mai, se siamo così “in bolletta”, nel giro di pochissimo tempo tutte le aule delle nostre scuole sono state dotate delle mitiche LIM, le lavagne interattive multimediali, che certamente non sono costate poche centinaia di euro e richiederanno adeguata e costante, nonché costosa, manutenzione?

E come mai, gemellaggi e progetti di dubbia validità, peraltro non deliberati dai docenti, bensì calati dall'alto dai Dirigenti, continuano comunque a proliferare?

E ancora, come mai si continuano a finanziare con denaro pubblico le scuole private (come da Delibera provinciale del 25 marzo 2011) per un totale di previsione di 10.632.732 per l'anno in corso ?

Grazia Francescatti e Patrizia Rigotti

PRC – Federazione della Sinistra

14/11/11

Apriamo gli occhi, c’è poco da festeggiare: ora opposizione dura al governo delle banche

di Simone Oggionni


Le dimissioni di Berlusconi di queste ore sono un fatto epocale. Chiudono un’epoca tristissima della nostra storia nazionale, durante la quale il sistema di potere e di valori berlusconiano ha cambiato nel profondo il volto del Paese. Quest’Italia che oggi può svegliarsi dall’incubo è più povera di quanto non fosse nel 1994. Più ingiusta e diseguale socialmente, ma soprattutto corrotta e umiliata nella sua antropologia profonda. È un Paese che ha assorbito e radicato nelle viscere tutti i peggiori tratti del berlusconismo: l’individualismo, l’egoismo proprietario, la prepotenza e l’arroganza padronale, l’indifferenza. Soltanto i prossimi anni ci diranno quanto l’infezione sia profonda e quanto tempo ci vorrà per curarla. Ma se il nostro male fosse solo questo, saremmo tranquilli e potremmo almeno per ora festeggiare la caduta del tiranno e iniziare a progettare il futuro.

E tuttavia, per quanto paradossale e duro sia riconoscerlo, non è facile in queste ore festeggiare come vorremmo. Perché il rischio concretissimo che abbiamo davanti a noi è che al posto del regime di Berlusconi si insedi un governo tecnocratico diretta espressione di quei poteri finanziari ed economici e di quelle istituzioni in nome dei quali Berlusconi ha governato in questi anni, demolendo tante conquiste del movimento operaio dei decenni scorsi, a partire dai diritti dentro i luoghi di lavoro e dallo Stato sociale. Oggi quei poteri, che non si fidano ancora del centro-sinistra (e per questo impediscono le elezioni anticipate) ma neppure più di Berlusconi, chiedono il conto e assumono direttamente nelle proprie mani la nostra sovranità nazionale, utilizzando come strumento quel Mario Monti per dieci anni Commissario Europeo, presidente europeo della Trilateral di Rockfeller e international advisor della Goldman Sachs, la banca d’affari più potente del mondo. Insomma: il più affidabile rappresentante di quei poteri forti che il governo Berlusconi ha difeso e rappresentato e che, non dimentichiamocelo, sono la causa e l’origine di quella crisi economica che oggi Monti sarebbe chiamato ad attenuare.

Siamo quindi ad un passaggio delicatissimo. Quel giorno della liberazione tanto agognato oggi, visto da vicino, è molto diverso da come lo avevamo immaginato.

La percezione di una democrazia in crisi verticale è così forte da non consentirci soddisfazioni incaute. Come in Grecia, così in Italia. Perde la democrazia, si restringono pesantemente gli spazi della politica e del controllo pubblico e mediato sulle scelte di interesse collettivo. Va in crisi l’idea che la volontà popolare determini ed indirizzi i Parlamenti e l’azione dei governi. Questo paradigma fondativo della nostra Repubblica e della nostra Costituzione, già pesantemente messo in discussione dal populismo di destra e di sinistra e dalla parallela vandea anti-politica, subisce oggi un colpo durissimo.

Abbiamo davanti a noi scenari diversi. È possibile che la pressione e il residuo potere contrattuale di Berlusconi faccia sì che il governo Monti nasca con un impegno a termine e che quindi in primavera si torni a votare.

Ma difficilmente il quadro politico italiano dopo questi giorni di travaglio e ancora di più dopo la nascita del nuovo governo sarà uguale a come lo abbiamo fino ad oggi conosciuto.

Le prese di posizione delle forze politiche determinano, per ciascuna, un punto di non ritorno. Coloro i quali si illudono di poter chiedere al nuovo governo forme di redistribuzione e di equità sociale dimostrano una colossale ingenuità, che in politica equivale ad una colpa.

Quanto al Pd, che in queste ore sta accettando di sostenere il nuovo governo, sappia che non solo sta compromettendo la posizione di vantaggio elettorale accumulata in questi anni. Sta definitivamente abdicando ad una funzione di alternativa la cui possibilità era tutta nelle sue mani. Una parte di quel partito lo vuole, strategicamente. Un’altra parte ne è costretta, ma lo sta allo stesso modo accettando.

Questi atteggiamenti rischiano di segnare una forte ipoteca sul futuro. Sull’interesse generale del Paese, che rischia di uscire da un tunnel (quello di Berlusconi) per infilarsi in un altro (quello del regime monetario dell’Unione Europea e delle sue banche). Ma anche sull’interesse specifico della sinistra italiana, che rischia di esplodere di fronte al cambiamento di scena.

Il nostro compito è contrastare senza alcuna ambiguità il governo Monti, in qualunque forma esso prenderà vita; e aggregare immediatamente tutte le forze politiche e sociali contrarie alla grande coalizione, costruendo con loro un’opposizione di sinistra.

Caduto Berlusconi, diventa determinante capire, con grande nettezza, chi accetta di adeguarsi alle pretese della Banca Centrale Europea e chi vuole mantenersene autonomo. La nostra strada è una sola.

da www.reblab.it - di Simone Oggionni - portavoce nazionale dei giovani comunisti

13/11/11

Ferrero: Festeggiamo la caduta di B. ma lavoriamo per ricostruire la sinitra

Da questo momento Berlusconi non è più presidente del Consiglio e noi festeggiamo. Nessun cambiamento politico positivo sarebbe potuto avvenire senza la sua sconfitta. Purtroppo le forze del liberismo europee sono riuscite a vincere la partita sulla transizione, impedendo le elezioni e imponendo come premier Mario Monti, che in questo momento ha l’appoggio di larga parte del popolo antiberlusconiano. Da oggi il nostro compito consiste nel ricostruire la sinistra, che in questo decisivo passaggio si è liquefatta e nel far maturare una coscienza antiliberista sia dentro l’antiberlusconismo sia tra chi antiberlusconiano non è stato mai.
(dal blog di Paolo Ferrero)